Nel momento in cui il correntista in piena fiducia “affida” parte dei propri risparmi alla Banca al fine di porre in essere degli investimenti, viene richiesta in primis a quest’ultimo una completa informativa cosiddetta “passiva”, relativa sopratutto alla sua situazione finanziaria, ai suoi obiettivi di investimento e alla sua relativa propensione al rischio.
Ma ciò che più conta invece, nel rapporto con l’intermediario bancario, é proprio l’informazione “attiva” quale si deve esigere da quest’ultimo, consistente nell’ obbligo d’informare il correntista circa la natura, i rischi e le implicazioni della singola operazione e di segnalazione delle operazioni inadeguate, la cui conoscenza é necessaria proprio al fine di effettuare “consapevoli scelte di investimento o disinvestimento”.
Al proposito é importante ricordare come la direttiva MiFID o Markets in financial instruments directive (2004/39/EC) ha disciplinato dal 31 gennaio 2007 al 2 gennaio 2018 i mercati finanziari dell’Unione europea, e dal giorno 3 insieme alla MIFIR (Markets in financial instruments regulation – regolamento EU n. 600/2014) ha preso il posto della precedente regolamentazione europea, includendo settori in precedenza non regolamentati e impostando un sistema più completo di vigilanza e di applicazione delle regole, con lo scopo di normare un mercato che – col passare degli anni – risulta sempre più vario e complesso, caratterizzato dall’incremento delle tipologie di strumenti finanziari e dalla diffusione dei sistemi di trading ad alta frequenza, attraverso i quali ha luogo una quota rilevante delle transazioni sui mercati telematici.
L’obiettivo precipuo di detta normativa è proprio lo sviluppo di un mercato unico dei servizi finanziari in Europa, nel quale siano assicurate la trasparenza e la protezione degli investitori, ed e’ pertanto importante e necessario che l’esistenza della stessa- posta a garanzia del loro patrimonio – sia portata alla conoscenza di questi ultimi.
In concreto, la tutela della regolamentazione europea succitata è garantita, da un lato, attraverso la previsione dell’obbligo, in capo agli intermediari che prestano servizi di investimento per le Banche, di fornire ai clienti o potenziali clienti “tempestivamente informazioni appropriate sull’impresa di investimento e i relativi servizi, gli strumenti finanziari e le strategie d’investimento proposte, le sedi di esecuzione e tutti i costi e oneri relativi” (art. 24, co. 4 MiFID II), e dall’altro lato, prevedendo l’obbligo per l’intermediario (o promotore finanziario che dir si voglia) di effettuare una valutazione che assicuri che uno specifico prodotto/servizio richiesto o offerto sia coerente con le aspettative e le capacità del cliente, dovendo rappresentare tale attività, in sostanza, un servizio di vera e propria assistenza al cliente, che rientra nelle regole di condotta che gli intermediari debbono rispettare nell’esercizio delle proprie competenze, assumendo ovviamente un grado di intensità diversa a seconda sia del tipo di cliente che del tipo di servizio prestato.
Nello specifico, ad esempio, viene previsto che in presenza di servizi di consulenza in materia di investimento e di gestione di portafogli, in quanto servizi di maggior impatto sulle scelte di investimento dei clienti, l’ intermediario bancario è chiamato a compiere una valutazione approfondita, che dia conto di un gran numero di elementi ed informazioni che riguardano il cliente e la sua esperienza/conoscenza in materia di investimenti , da cui deve discendere una valutazione c.d. “di adeguatezza”, con particolare riferimento alla sua tolleranza al rischio e della sua capacità a sostenere perdite.
Per tutti gli altri servizi di investimento, la normativa ritiene sufficiente che l’intermediario compia una valutazione “di appropriatezza”, cioè una valutazione di minore portata rispetto a quella sopra indicata, poiché tiene conto unicamente della conoscenza ed esperienza del cliente in merito allo specifico strumento o servizio richiesto o offerto: quando l’intermediario ritenga, all’esito della propria valutazione, che il cliente non sia in possesso delle conoscenze ed esperienze necessarie per comprendere i rischi connessi allo specifico servizio o prodotto – o, anche, nel caso in cui ritenga di non aver ricevuto dal cliente informazioni sufficienti a condurre la valutazione di appropriatezza – e’ suo obbligo darne avviso al cliente stesso.
Infine, l’unico speciale regime ove vige l’esenzione dalla “valutazione di appropriatezza” da parte dell’intermediario, si ha nel caso in cui ci si trovi in presenza della sola prestazione del servizio di “mera esecuzione di ordini” (execution-only): anche in tali casi, in cui l’intermediario non è obbligato a svolgere la valutazione di appropriatezza, questi, comunque, deve dare avviso al cliente della circostanza e della relativa carenza di tutela che ne deriva.