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BANCA D’ ITALIA: VALUTAZIONE PERIODICA DEGLI STRUMENTI FINANZIARI  PER LA SALVAGUARDIA DELLA STABILITA’ FINANZIARIA E DELL’INVESTITORE
Paolo Grandinetti

La valutazione periodica dei rischi per la stabilità finanziaria L’art. 7-bis del Testo unico della finanza (TUF), recependo quanto previsto dal regolamentoUE/2014/600 (MiFIR), attribuisce alla Banca d’Italia il potere di vietare o limitare la commercializzazione, la distribuzione o la vendita di strumenti finanziari (cosiddetto “potere di intervento sui prodotti”, o product intervention power) per preservare la stabilità del sistema finanziario nazionale.

Al fine dell’eventuale esercizio del potere di intervento, la Banca d’Italia svolge regolarmente analisi e valutazioni sui rischi per la stabilità finanziaria che possono derivare dagli strumenti finanziari in circolazione in Italia sulla base di uno specifico quadro giuridico, analitico e metodologico, che viene periodicamente aggiornato e affinato.

Sulla base delle analisi più recenti, elaborate sulla base dei dati al 31 dicembre 2023, i titoli derivanti da operazioni di cartolarizzazione e i certificates (titoli strutturati) continuano a essere all’attenzione della Banca d’Italia al fine dell’eventuale esercizio del potere di intervento, per la loro complessità, la crescita dei volumi e le ampie variazioni dei prezzi cui alcuni di questi titoli possono essere soggetti.

Sebbene i rischi per la stabilità finanziaria che possono derivare da queste categorie di titoli appaiano al momento contenuti, occorre ricordare che i certificates possono esporre i detentori a rilevanti perdite al verificarsi di scenari avversi, la cui probabilità di realizzazione è in ogni caso  di difficile valutazione. Il forte aumento dei certificates in circolazione avvenuto nel 2023,  è principalmente riconducibile alle categorie meno rischiose – quelle a capitale totalmente o parzialmente protetto  – e a quelli yield enhancement (ossia quelli che possono ottenere rendimenti superiori a quelli di mercato ma non offrono protezione sul capitale investito.)

 Alla fine del 2023 in Italia erano in circolazione titoli di debito per un valore pari a 2.754 miliardi, di cui il 12 per cento (339 miliardi) era rappresentato da strumenti che possono essere considerati complessi: tra questi, quelli potenzialmente più rischiosi per la stabilità finanziaria erano i titoli derivanti da cartolarizzazioni (che rappresentavano il 38 per cento dei titoli complessi, 127 miliardi) e i certificates (22 per cento) .

Alla fine del 2023 il volume dei titoli derivanti da operazioni di cartolarizzazione era pari a 128 miliardi, un livello inferiore ai massimi raggiunti nel 2012: l’aumento in corso dal 2017 è connesso principalmente con l’attività di cessione di sofferenze da parte delle banche e  Inoltre, la quasi totalità dei titoli associati alle cartolarizzazioni ed emessi da special purpose vehicle (SPV) (societa’ con scopo precipuo l’acquisto di attivita’ finanziarie cedute da terzi ad es. Banche) residenti sono di tipo tradizionale e sono acquistati da investitori professionali.

 Il nozionale di certificates in circolazione in Italia è  altresi’ aumentato significativamente nel 2023.

 Il valore di questi strumenti può subire ampie variazioni, anche maggiori di quelle delle attività sottostanti, in particolare in condizioni di mercato sfavorevoli: tuttavia,l’aumento è principalmente riconducibile alla categoria meno rischiosa, ovvero quella che offre una protezione del capitale (parziale o totale) se lo strumento è detenuto fino alla scadenza.

Quest’ultima categoria costituisce anche la maggior parte dei titoli in circolazione (60 percento), seguita dai certificates yield enhancement (32 per cento) – che permettono, come detto, di ottenere rendimenti superiori a quelli di mercato, ma non offrono la protezione del capitale.

 I titoli (complessi e non) considerati ai fini del possibile esercizio del potere di intervento della Banca d’Italia, comprendono quindi le obbligazioni e gli strumenti finanziari cartolarizzati con caratteristiche tipiche dei contratti derivati, come ad esempio gli  icovered warrants (strumenti finanziari molto diffusi, quotati in borsa e acquisibili o vendibili a prezzi e scadenze stabiliti),  sono invece escluse le azioni e le quote di fondi comuni di investimento.

In conclusione, la Banca d’Italia ha  sviluppato un quadro metodologico per identificare e valutare le aree di rischio che possono riguardare gli strumenti finanziari commercializzati, distribuiti o venduti in Italia e  per le analisi sui titoli vengono utilizzate le segnalazioni statistiche e di vigilanza che le banche e gli altri intermediari vigilati inviano alla stessa: Vengono inoltre utilizzate lei informazioni provenienti dall’Anagrafe titoli, dalle segnalazioni ex art. 129 TUB e dal database SHSS della BCE venendo quindi  Il quadro metodologico  periodicamente aggiornato e affinato.

L’analisi sui derivati utilizza invece  il database  del regolamento EMIR (regolamento UE n.648/2012 sugli strumenti derivati, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni).

Il database EMIR contiene informazioni giornaliere a livello di singola transazione sugli scambi di strumenti finanziari derivati effettuati da controparti finanziarie e non finanziarie (italiane o la cui capogruppo sia italiana), permettendo  in aggiunta una classificazione più fine dei derivati complessi e di eliminare eventuali sovrapposizioni nei casi in cui lo stesso contratto sia riportato da più soggetti: Il perimetro dell’analisi è quindi ora più ampio che in precedenza, in termini sia di tipologia di derivato, sia di natura e di residenza delle controparti.

La metodologia prevede quindi  la suddivisione degli strumenti finanziari tra “complessi” e “non complessi”e  a ogni strumento finanziario viene assegnato un indicatore di complessità in base alla tipologia dello strumento e alla natura delle eventuali attività sottostanti, e  successivamente sui titoli complessi viene svolta un’analisi dei rischi a due stadi.

Nel primo stadio uno strumento finanziario complesso è considerato potenzialmente rischioso se gli importi in circolazione sono superiori al 90 per cento della distribuzione storica degli importi del singolo strumento osservati negli ultimi cinque anni: gli strumenti identificati nel primo stadio come potenzialmente rischiosi sono ulteriormente analizzati in un secondo stadio, nel quale viene effettuata una valutazione dei rischi attraverso l’esame di una pluralità di indicatori (tra cui la complessità, le caratteristiche di rischiosità dello strumento e le caratteristiche del mercato di riferimento) utilizzando metodologie selezionate ad hoc dagli esperti.